Tra i mille pregiudizi diffusi nel senso comune, quello dell'odio tra cani e gatti ha sempre fatto a pugni con molte mie esperienze del contrario. Ma ci voleva un grande scrittore siciliano come Leonardo Sciascia per raccontare una sua esperienza vissuta di campagna con il tono e la leggerezza di una favola. Eccola:
"Sono come cani e gatti, si dice. Ma da un mio
vicino, qui in campagna, ci sono quattro cani e un gatto che non la fanno da
cani e gatti; e non solo pacificamente convivono, ma fanno di tutto, i cani,
per non guastare al gatto l’illusione, che drammaticamente coltiva, di essere
un cane. Ma è tutta una storia: e mi piacerebbe saperla scrivere come Cecov
scrive quella della cagnolina Kastanka.
Comunque, i dati sono questi: rimasto orfano
e sopravvissuto ai fratelli, il gatto è stato allattato dalla cagna, alla quale
era stato lasciato uno solo dei figli; crebbe ruzzando col suo fratello di
latte, e trattato come lui dalla cagna che lo aveva allattato e dagli altri due
cani. Nessuno gli contestò mai il posto a tavola, cioè intorno al vaso di
coccio in cui viene loro servito il rancio, né l’osso da spolpare. Mai un
ringhio, verso di lui; tanto più tolleranti anzi con lui, i cani, che tra loro.
Il cane di Trilussa dice: «co’ tutto che sapevo ch’era un gatto cercavo de
trattallo da cane».
Questi cani hanno invece trattato il gatto
molto meglio di un cane, subendone l’infaticabile vivacità e i capricci. Ma il
punto è questo: che hanno sempre saputo che è un gatto. Il gatto, invece, non
sa di essere gatto. Si crede un cane. E a volte un cane menomato; a volte un
cane virtuoso, di un virtuosismo agli altri cani inaccessibile. Ma che faccia
il cane reprimendo i miagolii e andando dietro al padrone, mostrandosi come i
cani festoso quando il padrone viene fuori col fucile, o che si abbandoni a un
exploit da gatto arrampicandosi ad un albero fino alla cima, il suo è un
dramma. E c’è da credere ne abbia toccato il fondo quest’anno, il giorno
dell’apertura di caccia.
E’ andato anche lui dietro al padrone, alla
partenza facendo di tutto per essere allegro come i cani, saltellando,
correndo. Ma poi si è stancato, si è annoiato, si è messo in disparte. E finì
con lo sperdersi. Non tornò a casa, la sera. I cani, che non erano più riusciti
a badargli, presi com’erano stati dal piacere della caccia, al ritorno ne
avranno notata l’assenza e forse se ne saranno fatti un rimorso. E’ possibile
siano andati a cercarlo.
Fatto sta che l’indomani sera il gatto era
tra loro: i cani in festa intorno a lui, e specialmente il suo fratello di
latte. Ma il gatto mostrava una controvoglia, ai giuochi cui l’invitava il
fratello, una indifferenza, una malinconia. Forse aveva capito di non essere un
cane, e che gli altri pietosamente lo ingannavano trattandolo da cane. E
continua a vivere come prima, ma con una certa stracchezza e noncuranza, come
improvvisamente invecchiato. «Se non sono un cane, in nome di Dio, che cosa
sono?», sembra domandarsi, standosene in disparte, adagiato su una sedia: da gatto."
Leonardo Sciascia - Nero su Nero (Einaudi Ed. - 1979)
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